Autore: BwBA_0kJ

L’altra faccia del web: l’analfabetismo funzionale

Ormai sembra essere la piaga del momento, e in un certo senso lo è, anche perché, come purtroppo abbiamo sempre maggior possibilità di vedere, ne sono vittime persone che dovrebbero essere in possesso di una capacità di analisi critica. Parliamo di quel AF che ogni tanto leggiamo sotto i commenti di alcuni post sui social, l’analfabetismo funzionale.

I dati di questo fenomeno in Italia sono molto preoccupanti. Secondo l’indagine PIAAC dell’OCSE del 2019, il 27,7% degli italiani tra i 16 e i 65 anni è analfabeta funzionale. Questo significa che 13,7 milioni di italiani hanno difficoltà a comprendere e utilizzare le informazioni in modo efficace. Se guardiamo il genere, l’analfabetismo funzionale è più diffuso nelle donne (32,3%) che negli uomini (23,1%), ed è anche più marcato nelle persone con un basso livello di istruzione (53,2%) che nelle persone con un alto livello di istruzione (10,4%).

L’analfabetismo funzionale è la capacità di comprendere e utilizzare le informazioni in modo efficace. È una condizione che può avere un impatto negativo sulla vita di una persona in molti modi, tra cui la capacità di ottenere un lavoro, di prendere decisioni informate e di partecipare alla società.

I social media, purtroppo, hanno avuto un impatto significativo sull’analfabetismo funzionale. Infatti, se da un lato hanno reso più facile per le persone accedere a informazioni e connettersi con gli altri, dall’altro sono un veicolo costante di fake news e notizie inesatte, spesso scritte in maniera credibile. Questo può rendere difficile per le persone, con una scarsa capacità critica, non capire cosa sia vero e cosa no, e può portare a credenze inesatte o alla nascita di teorie complottiste. 

Li abbiamo sempre lodati per la loro importanza nei vari aspetti della società, ma non dobbiamo scordarci che, a volte, i social media possono essere una distrazione. Quando le persone passano troppo tempo sui social, preferendogli alla lettura e alla scrittura, o a cercare le giuste informazioni, può accadere che il loro senso critico si addormenti, tendendo a credere anche alle teorie più strampalate.

 

Per combattere questo fenomeno ci sono sempre i consigli su un corretto utilizzo dei social, addirittura molti device mettono a disposizione in automatico i report delle ore passate su di essi, anche se la soluzione migliore sarebbe quella di informarsi e ricercare sempre fonti autorevoli, non solo sui canali online, ma anche su quelli fisici. 

Le cause dell’analfabetismo funzionale possono essere diverse, e spaziano tra le problematiche che riguardano la salute mentale e la difficoltà di apprendimento, a fattori come il basso livello di istruzione e cultura o una condizione socioeconomica sfavorevole.  

Ci sono molte cose che possiamo fare per ridurre l’analfabetismo funzionale, tra cui:

  • Migliorare la qualità dell’istruzione. Le scuole dovrebbero garantire che tutti gli studenti abbiano accesso a un’istruzione di alta qualità.
  • Offrire programmi di alfabetizzazione per adulti. I programmi di alfabetizzazione per adulti possono aiutare le persone a imparare a leggere e scrivere.
  • Ridurre la povertà e l’emarginazione sociale. Le persone che vivono in condizioni di povertà o emarginazione sociale sono più a rischio di analfabetismo funzionale.
  • Promuovere la salute mentale e la prevenzione delle dipendenze. Le persone con problemi di salute mentale o che abusano di sostanze sono più a rischio di analfabetismo funzionale.
  • Educare le persone sull’analfabetismo funzionale. Le persone dovrebbero essere consapevoli dei rischi dell’analfabetismo funzionale e dei modi per prevenirlo.

 

L’analfabetismo funzionale è un problema serio che può avere un impatto negativo sulla vita di molte persone. La grande diffusione dei social media in ogni fascia della società, le intromissioni esterne con le fake news, la propaganda perpetuata da Paesi non democratici verso l’Occidente, la creazione di troll e notizie senza alcun fondamento scientifico, hanno fatto diventare questo fenomeno un problema serio a livello globale. Per noi di yes-web, come per ogni agenzia che lavora in rete, la veridicità delle notizie date, le fonti, il riportare news in maniera corretta e non faziosa, è la base di ogni lavoro che gestiamo, e pensiamo che il web non solo deve essere democratico, ma anche, e soprattutto, libero da falsità.

Per un e-commerce sartoriale. Recommendation AI

Ormai, da novembre dell’anno scorso, non passa giorno in cui non si parli di intelligenza artificiale. Conosciamo tutti chat gpt e i suoi derivati, gli utenti più attenti avranno notato che in molti programmi e applicazioni sono stati implementati strumenti di AI,  e quelli più evoluti hanno iniziato a usarli con disinvoltura. Oggi vi vogliamo parlare di una categoria ancora poco invasa da questa tecnologia ma che presenta i primi esperimenti. Infatti l’intelligenza artificiale può svolgere un ruolo importante anche nella creazione di un e-commerce personalizzato e all’avanguardia. 

È notizia recente che il gruppo Benetton, ma anche altri, ha implementato nel suo shop online uno strumento di AI chiamato Recommendation AI. Questi sistemi di raccomandazione sono ampiamente utilizzati in diversi settori per suggerire prodotti o contenuti rilevanti agli utenti sulla base delle loro preferenze e comportamenti passati, e si basano sull’analisi dei dati utente per identificare modelli e tendenze utilizzando algoritmi di intelligenza artificiale per generare proposte personalizzate.

 

Questo avviene attraverso vari sistemi, vediamoli insieme:

  • Collaborative Filtering (Filtraggio collaborativo): Questo approccio si basa sull’analisi dei dati di utenti simili. Ad esempio, se due utenti hanno preferenze simili su alcuni prodotti, è probabile che abbiano anche preferenze simili su altri prodotti. Il filtraggio collaborativo può essere basato su utenti (raccomandando prodotti apprezzati da utenti simili) o su elementi (raccomandando prodotti simili a quelli che l’utente ha già apprezzato).
  • Content-based Filtering (Filtraggio basato sul contenuto): In questo approccio, si analizza il contenuto degli oggetti raccomandati e si cerca di trovare somiglianze con le preferenze dell’utente. Ad esempio, se un utente ha mostrato interesse per determinati generi di film, un sistema di raccomandazione basato sul contenuto potrebbe suggerire film dello stesso genere, un pò come succede in netflix quando finiamo una serie.
  • Hybrid Approaches (Approcci ibridi): Spesso vengono utilizzati approcci ibridi che combinano più tecniche, come il filtraggio collaborativo e il filtraggio basato sul contenuto, per migliorare la precisione delle raccomandazioni. Questi approcci sfruttano i punti di forza di ciascun metodo per fornire raccomandazioni più accurate e personalizzate.
  • Deep Learning: Con l’avvento delle reti neurali profonde (deep learning), è possibile utilizzare modelli complessi per l’apprendimento delle raccomandazioni. Questi modelli possono analizzare automaticamente grandi quantità di dati utente e prodotto per generare raccomandazioni più accurate e sofisticate.

 

È importante sottolineare che i sistemi di raccomandazione AI richiedono un’adeguata quantità di dati per funzionare correttamente. Più dati di qualità vengono raccolti, migliori saranno le raccomandazioni generate dal sistema. Inoltre, la trasparenza e la privacy sono importanti considerazioni  da fare quando si utilizzano questi sistemi, quindi è fondamentale adottare misure adeguate per proteggere i dati utente e garantire la conformità alle normative sulla privacy, oltre a essere totalmente chiari. 

La vera rivoluzione di questa tecnologia è l’automatizzazione di questo processo, che alleggerisce notevolmente il carico di lavoro dei manager del e-commerce, ripercuotendosi in modo diretto sui costi di gestione e sui margini di profitto. Lo scopo è trasformare gli e-commerce in un’esperienza adatta a qualunque tipo di utente, semplificando la ricerca e riuscendo ad offrire sempre il prodotto o il servizio che susciti un interesse immediato.

Per fare tutto questo bisogna utilizzare un client dedicato, implementandolo nel nostro e-commerce. Naturalmente questi servizi non sono gratuiti, e non bisogna farsi prendere dall’entusiasmo, ma chiedere alla tua agenzia web, come yes-web, tutte le informazioni di cui hai bisogno per sfruttare al meglio anche questa novità.

E tu chi sei? Content o influencer?

I termini content creator e influencer sono spesso usati in modo intercambiabile, ma tra i due concetti ci sono varie e sostanziali differenze. 

Oggi scopriremo quali sono, esploreremo le peculiarità dei due ruoli, vedremo qualche curiosità e cercheremo di capire come mai sono così importanti nel web e, soprattutto, nei social. Non ci addentreremo nella spinosa questione “ma sono lavori questi?”, anche se nel nostro caso la risposta potete facilmente immaginarla, ma cercheremo di adottare un approccio più descrittivo.

 

Iniziamo il nostro viaggio dalle definizioni:

Content creator è quella persona, ma anche un insieme di persone rinchiuse in una società, che crea e pubblica contenuti su piattaforme online come YouTube, Instagram, blog o podcast. Questi contenuti possono essere di vario genere, come video, foto, articoli scritti o registrazioni audio. I content creator si concentrano sulla produzione di contenuti originali e di qualità per intrattenere, educare o informare il loro pubblico. Il loro obiettivo principale è creare e condividere contenuti che siano sempre più interessanti e coinvolgenti.

Influencer è una persona che ha un grande seguito su piattaforme di social media come Instagram, Facebook, YouTube o TikTok. Gli influencer hanno la capacità di influenzare le opinioni, i comportamenti e le decisioni dei loro follower grazie alla loro autorevolezza, carisma o expertise in un determinato campo. Gli influencer spesso collaborano con brand o aziende per promuovere prodotti o servizi attraverso post sponsorizzati o recensioni.

 

Perciò la principale differenza tra un content creator e un influencer è l’obiettivo principale della loro attività. I content creator sono concentrati sulla creazione di contenuti di alta qualità, a volte anche multipiattaforma, mentre gli influencer si concentrano sulla loro capacità di influenzare e coinvolgere il pubblico. Tuttavia, è importante notare che molti content creator possono diventare influencer nel momento in cui guadagnano un seguito significativo e hanno un impatto sulla loro audience.

Inoltre, gli influencer possono essere considerati come una sottocategoria dei content creator, in quanto la creazione di contenuti è spesso un elemento chiave della loro attività. Tuttavia, non tutti i content creator sono necessariamente influencer, poiché l’influenza sui social media richiede una combinazione di fattori, tra cui una base di follower numerosa, fedele e coinvolta.

I content perciò creano contenuti originali, seguendo un filone, che può riguardare gli argomenti più disparati in diversi modi. Come abbiamo anticipato, c’è chi utilizza la sola scrittura per creare articoli di un blog, chi crea video più o meno strutturati, chi crea immagini più o meno ricercate. Naturalmente più il contenuto sarà di qualità, originale, intrigante e ricercato, tanto più potrebbe avere successo di pubblico, perciò più visualizzazioni e la conseguente possibilità di monetizzare.

Il guadagno di un content creator dipende da diversi fattori, tra cui la sua base di fan, la qualità dei contenuti che produce e la sua capacità di promuoversi e interagire con il pubblico. Inoltre, le piattaforme di social media e di monetizzazione possono cambiare le loro politiche e i loro algoritmi nel tempo, influenzando quindi le opportunità di guadagno. 

Molti content creator guadagnano attraverso la pubblicità, sia tramite la condivisione di annunci all’interno dei loro contenuti, sia tramite sponsorizzazioni di prodotti o brand. Ad esempio, possono ricevere pagamenti per la visualizzazione di annunci su YouTube o per la promozione di un prodotto specifico nelle loro pubblicazioni sui social media, o ancora ospitando nei propri contenuti, e questo vale soprattutto per gli youtuber più famosi e seguiti, le inserzioni pubblicitarie.

Gli influencer invece, pur creando dei contenuti originali, essenzialmente ci raccontano gli aspetti più peculiari della loro vita, dal lavoro, alla palestra ai loro hobby o serate di svago. Il loro mantra è raccontare e raccontare senza sosta tutto ciò che ritengono interessante per i loro follower, ricorrendo a video, reel, sories, post, ecc. Di costruito c’è poco, quasi tutte le riprese sono in presa diretta.

L’influencer promuove prodotti o servizi di un determinato brand o azienda oppure li vende direttamente. 

Nel primo caso utilizza gli strumenti offerti dal social network (post, immagini, storie di instagram o instagram reels, video su YouTube ecc.) per mostrare ai suoi follower il prodotto, spiegarne le caratteristiche, le qualità o gli aspetti negativi. Volendo, se si tratta di capi di abbigliamento o di accessori, può anche decidere di indossarli. La retribuzione è prevista, ad esempio, per ogni post, oppure dipende dagli accordi presi.

Nel secondo caso invece fa affiliate marketing, in pratica instaura un rapporto di affiliazione con il brand e guadagna per ogni vendita effettuata. Le vendite avvengono tramite un link dove i follower possono acquistare un prodotto o servizio usufruendo di uno sconto.

In conclusione, mentre un content creator si concentra sulla creazione di contenuti originali e di qualità, un influencer utilizza la propria autorevolezza e seguito per influenzare il pubblico e collaborare con brand o aziende per scopi promozionali. Vero, non dobbiamo scordarci che non è il caso a sancire il successo o meno di questi lavori, ma dietro c’è sempre una lunga e complessa fase creativa e nulla è lasciato al caso. Noi di yes-web lo diciamo sempre, i contenuti migliori verranno premiati nel tempo, per quelli mediocri e scarsi ormai non c’è più posto.

Navigare anonimi. Le VPN

In questo ultimo mese, segnato dall’intervento del Garante della privacy italiano nei confronti di Chatgpt, abbiamo sempre più sentito parlare di VPN. Chi ha dimestichezza col web saprà bene di cosa stiamo parlando, ma chi usa il pc solo per operazioni di base, probabilmente si troverà di fronte a una nuova parola da decifrare.

Vediamo insieme di cosa si tratta. 

Una VPN (Virtual Private Network) è un tipo di tecnologia che consente di creare una connessione sicura e criptata tra il tuo dispositivo e la rete Internet. Quando ti connetti a Internet tramite una VPN, il tuo traffico Internet viene indirizzato attraverso un server remoto che agisce come intermediario tra te e il sito web o il servizio a cui vuoi accedere. In questo modo, la tua connessione diventa anonima e criptata, rendendo difficile per i potenziali hacker o intrusi monitorare o intercettare il tuo traffico.

Le VPN sono utilizzate per vari scopi, tra cui:

  1. Privacy e sicurezza online: utilizzando una VPN, puoi proteggere la tua connessione Internet da eventuali attacchi o intrusioni, garantendo al contempo la massima privacy online.
  2. Sbloccare contenuti geograficamente limitati: le VPN consentono di accedere a siti web o servizi che potrebbero essere bloccati o limitati geograficamente, come alcuni siti di informazione indipendente che altrimenti difficilmente vengono indicizzati.
  3. Nascondere la tua posizione: utilizzando una VPN, puoi mascherare la tua posizione fisica e apparire come se fossi connesso da un’altra parte del mondo.
  4. Lavoro remoto: le VPN sono spesso utilizzate da chi lavora da remoto per accedere in modo sicuro ai file e alle risorse dell’ufficio.

In sintesi, le VPN sono uno strumento utile per garantire la privacy e la sicurezza online e per accedere a contenuti limitati geograficamente. Tuttavia, è importante scegliere una VPN affidabile e di qualità per garantire una connessione sicura e veloce.

Infatti non è una tecnologia sempre perfetta e veloce, e si potrebbe incorrere in diversi possibili problemi durante l’utilizzo di una VPN.

Ecco alcuni di essi:

  1. Riduzione della velocità di connessione: la maggior parte delle VPN può causare una riduzione della velocità di connessione a Internet, poiché il traffico deve essere instradato attraverso un server remoto. Questo può essere particolarmente problematico se stai utilizzando applicazioni che richiedono una connessione rapida come lo streaming video o i giochi online.
  2. Incompatibilità con alcuni servizi: alcune VPN potrebbero non funzionare correttamente con determinati servizi o applicazioni, come ad esempio le videochiamate o le app di pagamento mobile.
  3. Possibili problemi di sicurezza: anche se le VPN sono progettate per proteggere la tua privacy e la tua sicurezza online, ci sono alcuni servizi VPN che potrebbero compromettere la tua sicurezza o vendere i tuoi dati a terzi. E’ quindi importante scegliere una VPN affidabile e di qualità.
  4. Problemi di configurazione: alcune VPN possono essere difficili da configurare e richiedere l’installazione di software aggiuntivi, che potrebbero causare problemi di compatibilità con il tuo sistema operativo.
  5. Costo: alcune VPN sono a pagamento e potrebbero essere costose, specialmente se vuoi utilizzare una VPN di alta qualità. Tuttavia, ci sono anche alcune VPN gratuite disponibili, ma è importante prestare attenzione alle loro politiche sulla privacy e sulla sicurezza.

 

In sintesi, sebbene le VPN siano uno strumento utile per garantire la sicurezza e la privacy online, è importante valutare attentamente i possibili problemi prima di utilizzarle. Se decidi di utilizzare una VPN, è consigliabile scegliere un servizio affidabile e di qualità e seguire le istruzioni di configurazione con attenzione. Per questo molti fornitori offrono un servizio VPN a pagamento pluriennale, in modo da poter usufruire degli sconti. In questo momento, sembra che il miglior rapporto qualità/prezzo sia di Nord VPN

Anche noi di yes-web utilizziamo le VPN, sia per motivi di sicurezza nella protezione dei vostri dati online, sia perché vogliamo avere accesso a tutti i contenuti che il web ci propone, in modo da essere sempre costantemente aggiornati con tutte le ultime news, novità e curiosità che questo grande mondo ci dà. 

Mamma mia l’AI!!

Ormai tutti quanti conosciamo gli strumenti dell’intelligenza artificiale e le possibilità che ci offrono, dalla creazione di un testo più o meno dettagliato, alla realizzazione di immagini sempre più realistiche. Il tutto parte, sicuramente, dalla fantasia o dall’arguzia degli utenti, ma le elaborazioni sempre più realistiche e precise, iniziano a farci porre delle domande sull’effettiva potenza di questo strumento. 

Negli ultimi mesi molti scienziati, imprenditori, intellettuali e sviluppatori hanno posto l’accento sulla possibilità che l’intelligenza artificiale possa andare in qualche modo fuori controllo e creare qualche tipo di danno o problema, anche se non sappiamo esattamente di quale natura. Forse queste critiche dipendono dal fatto che queste tecnologie si stanno espandendo velocemente e sono sempre più aggiornate e precise.

Come abbiamo già detto, senza un’istruzione precisa nessuna AI è ancora in grado di ricreare un elaborazione (testo, codice sorgente, immagine) migliore del comando, come non è in grado di correggere un comando sbagliato, al massimo potrebbe avvertire. Anche le versioni più aggiornate non hanno queste capacità, né, probabilmente, le avranno mai. 

Possiamo dire che le critiche più concrete riguardano le tematiche legate alla privacy, la sicurezza, l’etica e il potenziale impatto sull’occupazione.

Per quanto riguarda la privacy, l’AI può raccogliere e analizzare grandi quantità di dati personali e, senza il consenso delle persone coinvolte, potrebbe portare a violazioni della privacy e dell’anonimato delle persone, o peggio, a un possibile uso improprio delle informazioni raccolte.

La sicurezza è un’altra preoccupazione importante quando si tratta di AI. L’AI può essere vulnerabile ad attacchi informatici e manipolazioni, il che potrebbe avere conseguenze negative per la sicurezza e, appunto, la privacy delle persone coinvolte.

L’etica è un altro aspetto critico dell’uso dell’AI. Ad esempio, l’AI potrebbe essere utilizzata in modo discriminatorio o a fini scorretti, come la sorveglianza di massa o la manipolazione delle opinioni delle persone. 

Infine, il potenziale impatto dell’AI sull’occupazione è stato oggetto di molte discussioni. L’automazione causata dall’AI potrebbe portare alla perdita di posti di lavoro in alcune industrie, il che potrebbe avere conseguenze sociali ed economiche significative.

Tuttavia, è importante notare che molte di queste critiche sono anche oggetto di attenzione e ricerca in corso da parte degli sviluppatori di AI e degli stakeholder interessati, con l’obiettivo di trovare soluzioni etiche e sicure per l’uso delle AI e degli strumenti che potrebbero essere implementati con loro.

È notizia fresca che il garante per la privacy italiana ha imposto uno stop a chat gpt, di fatto rendendola inaccessibile agli utenti italiani, sia nella versione gratuita che in quella a pagamento. La decisione ha subito suscitato un vespaio di opinioni e critiche, oltre a qualche sporadico apprezzamento e, di fatto, ha aperto un primo vero fronte di dibattito politico. Da un lato il garante della privacy e un’idea velata di proibizionismo in nome di una non meglio specificata salvaguardia dei dati (anche se i call center continuano a chiamare in barba a qualunque regola), dall’altra la consapevolezza, e le conseguenti critiche, degli addetti al settore che vedono in questo stop un freno a quella che forse sarà l’innovazione tecnologica del secolo.

Vero, le preoccupazioni sono motivate, non possiamo negarlo, ma i freni sono eccessivi. Sappiamo bene che politica e tecnologia, soprattutto web, non vanno d’accordo, ricordiamoci le imbarazzanti domande a Zuckerberg da parte del senato statunitense, perciò il rischio concreto è un lungo stop, che costringerà start up, università, laboratori, aziende, ecc…, a usare le vpn, per aggirare il divieto. 

È anche vero che l’Europa è da tempo all’avanguardia del diritto informatico, con strumenti come la privacy Gpdr, il Digital Services Act, l’European Digital Media Observatory, e tutti i più grandi paesi occidentali guardano all’esperienza europea per orientarsi tra web, algoritmi e giustizia. Per questo sembra così insensata la decisione del garante italiano, quasi presa con un’idea proibizionista, piuttosto che con la volontà di ragionare sull’argomento, almeno a prima vista.

Già, perché non è vietando che si risolvono i problemi, ma capendo, analizzando e ragionando. La miopia verso le innovazioni tecnologiche, la paura, forse ingiustificata, che questo strumento possa andare fuori controllo, la lentezza delle istituzioni a prendere una decisione, potrebbe bloccare a tempo indeterminato questa importante innovazione, facendola passare come uno strumento inutile, e facendoci uscire dal progresso tecnologico che, si dice, valga il 7% del pil. 

 

L’invito da chi con il web ci vive, che lo conosce ed è riuscito a farne una professione, come noi di yes-web, è quello di fermarsi, ragionare e cercare di capire dove queste società possano migliorare, in modo da offrire un servizio che non violi le regole nazionali degli stati e permetta agli utenti, soprattutto ai professionisti, di continuare a utilizzare questa innovazione, implementandola nel mondo del lavoro.