Tutti a casa com’è doveroso che sia per la salute pubblica e la tutela di chi ogni giorno da più di un mese lavora per salvare vite.

Il lavoro, per tanti la sua assenza, è uno dei tanti problemi che il Codiv-19 ha messo in evidenza: chi deve lavorare, chi può lavorare e chi deve attendere la fine di questo periodo.

Tra coloro che possono lavorare, vanno inseriti tutti quelli che lo fanno da casa: quante volte da un mese a questa parte hai sentito parlare di smartworking?

Tante vero? Probabilmente sarà la nuova frontiera del lavoro, quindi è giusto conoscerlo un po’ più da vicino.

Che dici, ne parliamo un po’?

Iniziamo dalle regole, o meglio quelle messe in atto dal DPCM datato 11 marzo 2020; il sito del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali afferma:

“Il lavoro agile (o smartworking) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività. La definizione di smartworking, contenuta nella Legge n. 81/2017, pone l’accento sulla flessibilità organizzativa, sulla volontarietà delle parti che sottoscrivono l’accordo individuale e sull’utilizzo di strumentazioni che consentano di lavorare da remoto (come ad esempio: pc portatili, tablet e smartphone). Ai lavoratori agili viene garantita la parità di trattamento – economico e normativo – rispetto ai loro colleghi che eseguono la prestazione con modalità ordinarie. È, quindi, prevista la loro tutela in caso di infortuni e malattie professionali, secondo le modalità illustrate dall’INAIL nella Circolare n. 48/2017.”

Una necessità dettata dall’emergenza Codiv-19 che può diventare, come in tanti altri paesi, una vera e propria rivoluzione per tante attività produttive!

Cosa serve? Certamente un’organizzazione aziendale; infatti come riporta Il Sole 24 Ore “è comunque consigliabile motivare le scelte tramite un regolamento che renda noti i criteri adottati, soprattutto in caso di rotazione tra i lavoratori.”

Dunque… sembra facile dire Smartworking!

Anche se un dato è certo: avere la possibilità di lavorare da casa migliora le condizioni di vita del lavoratore e la produttività stessa.

Ribadiamo però il concetto: Smartworking non vuol dire semplicemente lavorare casa, non stiamo mica parlando di telelavoro.

Alt! Qui c’è un passaggio importante, distinguere cioè le due cose. Su Digital 4 viene riportata la definizione data da Emanuele Madini, Associate Partner di P4I-Partners4Innovation:

“Il telelavoro tradizionale vincola il lavoratore a lavorare da casa e l’azienda trasferisce le medesime responsabilità del posto di lavoro nella casa del dipendente. Lo Smartworking invece prevede che l’azienda e il dipendente ridefiniscano in modo flessibile le modalità di lavoro in termini di luogo e di orario. Smartworking vuol dire rivedere anche la funzione dell’ufficio che diventa un luogo dove si collabora e si incontrano i clienti, che sia più efficace a seconda delle esigenze dei dipendenti.”

Altre differenze? Per esempio con lo Smartworking c’è l’obbligo di informazione su rischio infortuni e malattie professionali con copertura Inail; inoltre l’orario è autodeterminato: l’importante è raggiungere l’obiettivo prefissato e il monte ore è gestito dallo smartworkers.

Nel telelavoro invece il datore di lavoro ha l’obbligo di eseguire ispezioni per assicurarsi regolarità nello svolgimento del lavoro, così come il riposo è obbligatorio per 11 ore consecutive ogni 24 con astensione lavorativa dalla mezzanotte alle 5.

Lavoro agile, lavoro da casa, dagli il nome che preferisci; una cosa è importante: stare a casa per tornare presto ad abbracciarci, a fare selfie e organizzare eventi!

Se poi sei curiosi e vuoi sapere qualcosa di più del mondo digitale, leggi gli articoli del nostro blog oppure se hai domande puoi contattaci!

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